I restauri promossi dal Municipio al Chiostrino dei Voti e alla facciata (1913)
Nei quasi otto secoli di esistenza la SS. Annunziata è stata oggetto di numerosi e più o meno cospicui ampliamenti, rifacimenti e restauri, documentati da varie tipologie di manoscritti.
Ad esempio ne danno un buon resoconto le memorie, le note di spesa, le pergamene, i saggi pubblicati e le cronache conventuali o di sagrestia. La ricerca resta però forzatamente ‘umile’, cioè senza ambizione di completezza. Tanto infatti vi sarebbe da dire su un vasto complesso edilizio dai molteplici stili e parecchio ancora si potrebbe indagare e ritrovare negli archivi considerando come spesso e volentieri una memoria sia stata affidata a un foglio volante o come una pergamena sia ‘fuori posto’ ... o come le carte siano perdute a causa della trascuratezza dei luoghi (ma chi cerca non lo sa ...).
Si può però fare, dopo aver confrontato un buon numero di manoscritti sui lavori alla basilica, una considerazione generale a premessa al testo riportato più avanti. Ed è questa: si trova una sostanziale differenza nella motivazione fra le opere del novecento e del terzo millennio e le omologhe precedenti.
Nel primo caso si è voluto e si vuole conservare l’architettura o l’opera d’arte come preziosa e ammirevole eredità degli avi, senza aggiungervi nulla; nell’altra situazione, cioè nei secoli lontani, invece si commissionarono le opere agli illustri artisti per il bene dei fedeli, anche i più poveri, per i frati, per la città e – come riportano diverse carte – per la gloria del santuario che, adornato di belle cose, doveva apparire il riflesso terreno delle meraviglie divine.
D’altronde il novecento e il seguente furono secoli ‘anomali’ per le “corporazioni religiose” e per la SS. Annunziata. La basilica infatti era diventata un bene pubblico dopo le regie leggi eversive del 1866-67 e apparteneva non più all’Ordine dei Servi di Maria ma al Comune di Firenze che ora per politica si prendeva l’incarico di salvaguardare il ‘monumento’ in accordo con le nuove e potenti strutture del Regno d’Italia, dal 1907 dette Soprintendenze territoriali e dal 1923 Soprintendenze dell’Arte medioevale e moderna ...
Per questo nel 1913 si trova ricordato nelle cronache conventuali il Municipio come attore principale e committente dei notevoli restauri al chiostrino dei Voti e alla facciata della chiesa – portati a termine, va detto a suo merito, in meno di un anno.
Si tratta di una memoria riportata da uno scrittore speciale: il padre Raffaele Taucci († 1971), benefattore e del santuario e di imperitura memoria per la lungimirante opera a favore della storia del suo Ordine.
Qui di seguito il testo:
“In quest’anno sono stati fatti dal Municipio di Firenze numerosi e lunghi restauri nel nostro chiostrino dell’antiporto.
È stata tolta la grande vetrata che chiudeva gli archi, e per difendere un po’ le pitture dalla polvere è stata fatta una vetrina a bussola davanti alla porta del portico.
È stato pure messo una vetrata al lucernario tra il lucernario ed il tetto per chiudere completamente il chiostrino. Fra i lavori principali è da notarsi il rifacimento di una intera colonna che è quella a cui è attaccata la pila dell’acqua benedetta a sinistra, il rivestimento di altre due colonne in pietra, lo scoprimento e grattatura di tutta la vernice nera che copriva tutte le volte e gli specchi sotto alle pitture, il rifacimento di una gran parte del pavimento a sinistra di chi entra, e di quello del mezzo, lo scoprimento di alcune pitture nell’ultima volta a sinistra dove sono alcuni nostri beati (si noti però che di quei tondi – che son quelli fatti nel 1460 da Chimenti Camicia – ne vennero alla luce solo tre ed uno vi fu rifatto dagli artisti che lavoravano al restauro).
Nello scoprire la pietra che sta sotto lo stipite della porta di chiesa venne fuori l’iscrizione dei Falconieri che da secoli era sepolta sotto la calcina. Finora di quella pietra non si vedevano che i falconi e lo stemma. Con acido muriatico e acqua fu pure scoperta la pietra dei cardinaletti della porta grande.
Fu pure restaurato e ritoccata e ridorata dove occorreva la pittura del Pontormo sull’arco di mezzo del portico, che era quasi svanita per la polvere e le intemperie.
Fu pure imbiancato il portico, lavata la pietra, restaurate le tre porte del portico e le due del chiostrino e restaurata la facciata al di sopra del chiostrino, scoperta la pietra che vi era.
In questi lavori fu scoperto un grande occhio rotondo di mattoni che occupa tutto lo spazio che va dal tetto del chiostrino fino al finestrone attuale. Era l’antica finestra a ruota della primitiva costruzione del 1384 e che nel 1460 circa fu coperto di vetri istoriati e murato nel secolo XVII quando fu rialzato il tetto della Chiesa.
Nel chiostro dei Morti fu tolta la vetrata che era dinanzi alla Madonna del Sacco e posto un vetro a centina davanti alla pittura che se varrà a custodirla dalla polvere, non vale certo a veder bene la pittura.
Agli angoli furono rifatte le basi delle colonne in pietra serena e tolti i canali delle docce che erano incastrati nelle colonne stesse.
All’arco di ingresso nel chiostro furono ritoccate le pitture allegoriche che stanno dalle due parti dell’arco, che riacquistarono molta vivacità e originalità.
Da notare che questi lavori qui descritti furono continuati non solo nell’anno 1913 ma durarono anche i primi mesi del 1914 fino al marzo”.
Paola Ircani Menichini, 29 settembre 2023.
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